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XXXV
LA SCUOLA E L’UOMO -
Anno LXX - Numero 11-12 - Novembre-Dicembre 2013
in relazione al dovere di solidarietà che in-
combe su tutti gli stati ed alla sempre più ac-
centuata interdipendenza dei fenomeni econo-
mici, la vita economica internazionale deve
tendere ad essere ordinata in un organismo nel
quale l’attività economica risulti ripartita tra i
vari paesi in vista di farne delle parti comple-
mentari nelle quali le capacità della popolazio-
ne e le materie prime disponibili ricevano la più
efficace utilizzazione.
Gli sviluppi assunti dalla economia produt-
tiva ed i progressi delle comunicazioni hanno
più largamente integrato e avvicinato le varie
regioni della terra ed hanno reso profonda-
mente solidali e strettamente interdipendenti
le varie economie nazionali; si fa quindi sem-
pre più sentita l’esigenza di dare un assetto
giuridico a quell’aspetto della società naturale
degli stati che è costituito dalla economia in-
ternazionale.
Finché tale auspicato assetto giuridico non
sarà efficacemente realizzato, una maggiore at-
tuazione della giustizia sociale sul piano inter-
nazionale riposa solo su un sentimento di solida-
rietà cristiana che, illuminando l’azione dei sin-
goli stati, li renda consapevoli sia dell’esigenza
di un generale bene comune, sia del vero conte-
nuto del bene comune nazionale che essi più
particolarmente perseguono.
il complesso problema di dare una autorità
alla società naturale degli stati nel campo eco-
nomico può essere avviato a soluzione mediante
accordi fra stati miranti a regolare la vita eco-
nomica internazionale o taluni suoi settori, e
tendenti a creare appositi istituti di carattere
internazionale alle cui decisioni e direttive gli
stati aderenti si impegnino lealmente di ordina-
re sia i rapporti economici con gli altri stati, sia
la politica economica interna.
l’attività che detti istituti potranno svolgere
in campi molteplici (quali la regolamentazione
del lavoro, il credito e la moneta, il movimento
dei capitali, l’utilizzazione delle materie prime,
lo scambio dei prodotti, le comunicazioni, il so-
stegno alle economie più arretrate e a quelle
colpite da particolari crisi e calamità) dovrà an-
che tener conto dell’utilità che gli scambi inter-
nazionali non siano monopolizzati da organi sta-
tali, ma diano modo alle singole persone di libe-
ramente esplicare iniziative individuali anche al
di là dei confini nazionali e ciò sia per meglio
promuovere la messa in valore, a vantaggio co-
mune, delle risorse terrestri, sia per favorire
una diretta e reciproca conoscenza e compren-
sione anche fra i membri più lontani della fami-
glia umana.
dalla soluzione che ogni stato ritiene di dare
al proprio particolare problema di bene comune
deriva tra l’altro una determinata possibilità
per gli uomini di trasferirsi da uno stato all’al-
tro, e per le merci di essere scambiate; e poi-
ché mezzo essenziale per realizzare il bene co-
mune è procurare ai lavoratori disponibili una
adeguata occupazione e tale obbiettivo, man-
cando la libertà di trasferimento, si raggiunge
specialmente rinunciando ad acquistare in altri
stati prodotti consumati nel paese, la limitazio-
ne nel movimento degli uomini e la limitazione
degli scambi sono due fatti legati da relazione
di causa ed effetto.
Questa correlazione unitamente alle diverse
caratteristiche demografiche dei vari popoli da
luogo al problema dell’emigrazione, nei con-
fronti del quale si manifesta pure la opportuni-
tà di accordi internazionali, in attesa che una
più diffusa coscienza del bene comune interna-
zionale permetta di riconoscere incondiziona-
tamente il naturale diritto di ogni uomo di tra-
sferirsi ove meglio egli possa esplicare la sua
personalità.
Tali accordi dovranno fondarsi sul principio
che al paese di origine deve essere riconosciuto
il diritto di assistere e tutelare i suoi emigranti
nel periodo della loro prima sistemazione e del
loro avviamento, mentre il paese di destinazio-
ne deve tendere ad abolire per gli immigrati
ogni trattamento giuridico ed economico dete-
riore rispetto a quello dei suoi propri cittadini.
limitazioni e condizioni poste tanto alla emigra-
zione quanto alla immigrazione, che si fondas-
sero sulla difesa di interessi particolari o sul-
l’egoismo nazionale o di classe sono contrarie
anche al bene comune rettamente inteso, che
non può prescindere dal bene comune interna-
zionale e dalle esigenze della pacifica conviven-
za dei popoli.
VI -Attività economica
85. attività economica privata ed attività
economica pubblica. i principi della giustizia
sociale (art. 71) esigono che le singole attività
economiche private, mediante le quali indivi-
dui e gruppi tendono a realizzare i propri par-
ticolari fini, vengano armonizzate in relazione
al comune interesse di impedire che le energie
individuali rimangano puramente potenziali o
siano ostacolate nel loro sviluppo. l’armoniz-
zazione nel senso sopra indicato dei contra-
stanti interessi economici deve attuarsi mercé
l’azione delle stesse forze sociali, adeguata-
mente organizzate, nonché mediante l’attività
economica pubblica ed in particolare dello
stato; spetta a questo provvedere agli interes-