Pagina 7 - uciim

Versione HTML di base

5
LA SCUOLA E L’UOMO -
Anno LXIX - Numero 3-4 - Marzo-Aprile 2012
S p i r i t u a l i t à
CFP debbano aiutare tutti e ciascuno a conse-
guire quel «corredo consolidato e motivato di
strutture personali» che diciamo «virtù»: le
«virtù classiche» (quelle etiche: prudenza, giu-
stizia, fortezza e temperanza; e quelle dianoe-
tiche: scienza, intelletto, criticità, logicità,
saggezza, artisticità e, oggi diremo, capacità
tecnologica); cioè le virtù umane (legate alla
cultura e ai valori che gli uomini hanno costrui-
to nel corso del tempo). Ma non potranno rinun-
ciare a proporre anche quelle virtù che laica-
mente sono traducibili in termini di fiducia, di
disponibilità e apertura, di dedizione, oblativi-
tà, condivisione, solidarietà (cristianamente:
fraternità), che in termini cristiani sono deno-
minate virtù teologali (fede, speranza e carità),
perché ispirate e vissute nell’orizzonte del Dio
e della fede cristiana.
Del resto, pur nelle differenze personali e di
professione religiosa, la scuola e i CFP hanno da
far loro il quarto pilastro, indicato come novità
dal Rapporto Delors, del 1997, per l’educazione
del XXI secolo, rispetto ai tre tradizionali pila-
stri dell’educazione già indicati dal Rapporto
Faure del 1972 (che si compendiavano nel «sa-
pere, saper fare e saper essere»): anche la scuo-
la e i CFP hanno da educare a «saper vivere in-
sieme con gli altri».
Educare alla socialità «buona»
È comune tra le indicazioni nazionali la pro-
spettiva didattica dell’educazione alla legalità,
alla convivenza democratica, allo sviluppo so-
stenibile.
Ma oltre a ciò, a me pare che oggi l’educa-
zione alla vita buona secondo il Vangelo stimola
ad avere il coraggio di percorrere le vie di una
educazione socio-politica specifica per prepara-
re a essere «politicamente buoni». Non dovreb-
be essere considerato fuori delle possibilità del-
le scuole e dei CFP proporre «moduli» o «unità
di apprendimento» per la formazione socio-poli-
tico-sindacale; e persino avviare «scuole di for-
mazione socio-politico-sindacale», extra currico-
lari, magari operando in rete o collaborando con
iniziative e istituzioni del territorio.
In ogni caso, l’educare alla vita buona secon-
do il Vangelo non potrà trascurare di «educare
al servizio» (e non solo di mettersi al servizio
dei giovani). Non potrà non suscitare «vocazio-
ni» che si mettano a servizio della promozione
umana integrale di tutti e delle nuove genera-
zioni in particolare. Non si potrà non fare propo-
ste di vita anche decisamente alternative in no-
me di uno sviluppo sostenibile e di un futuro a
misura d’uomo per tutti e per ciascuno, di una
vita impegnata (e cristianamente santa, come ci
hanno insegnato tanti testimoni del nostro tem-
po, quali La Pira, Dossetti, Nosengo, don Milani,
don Puglisi, ecc.)
Educare all’integrazione
vita-ragione-tecnologia-fede.
Un’altra pista, che si raccomanda soprattutto
nelle scuole paritarie cattolica e nei CFP di ispi-
razione cristiana, ma che rientra certamente
negli obiettivi dell’Insegnamento di religione (o
del parallelo modulo formativo di etica e deon-
tologia professionale nei CFP), è quella del-
l’educazione all’integrazione vita-fede, che con-
cretamente diventa integrazione tra vita cultura
razionalità (scientificità) tecnologia fede. Essa,
ovviamente, va attuata nel rispetto della priori-
taria finalizzazione educativa che è tipica del-
l’istituzione-scuola e del CFP. E quindi va vista
in un orizzonte di integrale maturazione umana
delle persone (in cui si inserisce l’apertura a una
vita di fede); va attuata attraverso la gestione
scolastica e formativa della cultura (e non quin-
di come catechesi o altro, pur potendosi avere
nell’istituzione anche parallele forme di cate-
chesi); va realizzata secondo strategie tipica-
mente scolastico-formative, vale a dire secondo
modi che assumano le logiche della ricerca, del-
la laicità, del pluralismo, del confronto inter-
ideologico, e non quindi quelle tipiche della ini-
ziazione di gruppo.
In questo senso si potrà far riferimento non
solo ai valori costituzionali e alle dichiarazioni
internazionali dei diritti umani, che si condivi-
dono pluralizziamotene come cittadini o gruppi
sociali differenti, quale «orizzonte di riferimen-
to valoriale comune» ma anche a quel ricco pa-
trimonio di idee e di principi-valori sociali costi-
tuito dal complesso della dottrina sociale della
Chiesa (che personalmente preferirei denomina-
re «Insegnamento» sociale della Chiesa). Essa
aiuterà a far comprendere meglio a tutti, ad
esempio, quel primato della persona umana e
della sua libertà, che di fatto la fede cristiana
ha portato come speciale contributo alla cultura
universale attuale; ma anche sostenere quel-
l’universalismo umanistico che si ricerca nel-
l’era della globalizzazione e dello sviluppo so-