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LA SCUOLA E L’UOMO -
Anno LXIX - Numero 3-4 - Marzo-Aprile 2012
ca per la perversa contingenza storica in cui ci
troviamo.
Di fronte alle difficoltà che si profilano ogni
giorno è divenuto un luogo comune parlare di
«sfide». Pur non condividendo la prospettiva
conflittuale o agonistica con cui ci si pone di
fronte ad esse, proviamo ad enumerarne alcune
per contribuire a tracciare i confini della discus-
sione.
A distanza di quindici anni dalla sua prima
enunciazione legislativa l’
autonomia
attende
ancora di essere pienamente realizzata e so-
prattutto compresa come prospettiva culturale.
Non si è avvertita una reale cesura tra la scuola
della burocrazia ministeriale e la scuola dell’au-
tonomia. Il sistema è ancora fortemente centra-
listico e le riforme ordinamentali in lenta e con-
traddittoria elaborazione hanno spostato l’at-
tenzione dalle potenzialità offerte da un siste-
ma di autonomie alla costruzione di un nuovo si-
stema del quale occorreva assicurare coerenza e
unitarietà.
Sintomo di questa lenta conversione all’auto-
nomia è la difficoltà ad accogliere la cultura
della
qualità
e della sua valutazione. Le resi-
stenze mostrate nei confronti dei tentativi, in-
vero impacciati e scomposti, di percorrere la
strada della valutazione dimostrano come man-
chi una cultura della valutazione (aperta anche
alle suggestioni del bilancio sociale) e come si
sia ancora attaccati al rassicurante impianto bu-
rocratico-esecutivo della scuola tradizionale,
mentre il contenzioso crescente fa avvertire le
responsabilità che le scuole (ma di fatto docenti
e dirigenti) vanno ad assumere come un rischio
che pochi intendono correre, suggerendo perciò
soluzioni di limitata originalità, in cui l’esigenza
economica o occupazionale risulta determinante
e tale da ridurre o escludere qualsiasi spinta
creativa.
Ne risulta frustrata la professionalità docen-
te, schiacciata su emergenze e responsabilità
materiali che non consentono di valorizzare le
potenzialità di ognuno, conducendo a una crisi
di identità aggravata dallo scarso riconoscimen-
to sociale del mestiere di insegnante. Le nuove
modalità di formazione iniziale e di reclutamen-
to tardano ad avviarsi e comunque potranno
produrre in misura estremamente limitata i loro
effetti, impedendo quel rinnovamento genera-
zionale che potrebbe davvero portare aria nuova
nelle aule scolastiche.
La professionalità docente è messa oggi alla
prova su fronti sempre nuovi: alla competenza
didattica ordinaria si è aggiunta in maniera quasi
generalizzata la competenza didattica speciale
derivante dalla presenza sempre più diffusa di
alunni portatori di disabilità di maggiore o mino-
re gravità; altrettanto diffusa, soprattutto in al-
cune zone del territorio nazionale, è la presenza
di alunni stranieri che pongono problemi di co-
municazione e di integrazione non privi di risvol-
ti ideologici e di strumentalizzazioni politiche.
Lo sviluppo delle nuove tecnologie impone
anche alla scuola, e dunque ai docenti, di ag-
giornare le proprie metodologie, con l’avverten-
za che non basta un supporto elettronico a ren-
dere più efficace la didattica ma occorre misu-
rarsi con il diverso paradigma linguistico e co-
municativo che tali strumenti propongono, evi-
tando i due estremi dell’entusiasmo acritico e
del rifiuto pregiudiziale. Gli strumenti della di-
dattica tradizionale (il libro di testo, la lavagna,
la cattedra, la lezione frontale, ecc.) sono av-
viati a rivedere radicalmente la propria identità.
Tutte queste sfide devono fare i conti con
una scarsità di risorse materiali che tende ad es-
sere invocata da un lato come giustificazione
per l’impossibilità di risolvere i problemi e
dall’altro come condizione necessaria per tene-
re in vita lo stesso sistema. Non è solo la quanti-
tà di risorse a migliorare la qualità del servizio,
anche se non si può pretendere di incidere sulla
qualità senza modificare minimamente la quan-
tità degli investimenti. In fondo, se ci poniamo
in una prospettiva dialogica e nell’ottica di sa-
per leggere i messaggi che ci giungono, anche il
fatto di dedicare alla scuola risorse scarse e
sempre calanti rappresenta un «messaggio» che
produce i suoi effetti sia a livello materiale che
a livello simbolico: è una dichiarazione non
scritta di scarso rilievo sociale e politico della
scuola, dell’educazione, della fatica di chi tenta
di lavorarci.
In una scuola che è fatta principalmente di
persone, è nel fattore umano che si deve cerca-
re la soluzione. Ciò vuol dire investire in forma-
zione permanente, sperando di poter contare su
una platea di docenti disposti a farlo, ma anche
operando concretamente – come Associazione
professionale – per far emergere i bisogni forma-
tivi impliciti e sommersi, specialmente in ordine
alle competenze di tipo relazionale e a quelle
pedagogiche che si collegano all’essenza della
relazione educativa. Si può infatti cogliere una
latente contraddizione tra l’offerta di percorsi
formativi che privilegiano questioni meramente
tecniche (dalla valutazione per competenze alle
nuove tecnologie) e il vissuto di tanti docenti,
tra i quali emerge un sempre crescente senso di
«fatica» sul fronte delle dinamiche relazionali e
della capacità di instaurare quello che tradizio-
nalmente abbiamo sempre chiamato dialogo
educativo e didattico.